Il 2020 per la moda verrà ricordato come l’anno in cui tutto è cambiato. Un calo del 90% dei profitti, contro una crescita del 4% nel 2019 (Fonte McKinsey).
Tre quarti delle aziende quotate in borsa hanno perso denaro. L’industria della moda, come molti altri settori, uscirà da questa crisi in una forma completamente diversa da quella in cui è entrata.
Per questo E-commerce e moda rappresentano una scelta fondamentale.
Nonostante ciò il mercato ecommerce di abbigliamento, in Italia come altrove, è sicuramente in crescita. I numeri disponibili non sono proprio omogenei, ma si parla di aumenti annui che vanno, dal 2016 a oggi, dal 20 al 35 per cento.
Motivi dei risultati: prezzo, con significative opportunità di risparmio e servizio (gestione semplificata dei resi, multicanalità, tempi di consegna rapidi).
A ben vedere la Pandemia ha solo accelerato un meccanismo già in atto prima della crisi.
Molti marchi che ancora si tenevano distanti dal Web sono andati online e i loro utenti hanno subito abbracciato innovazioni digitali come il livestreaming, la video chat del servizio clienti e il social shopping.
Per alcuni di questi marchi del lusso le vendite online, nella prima metà del 2020, hanno rappresentato fino al 25 per cento delle vendite totali.
Non serve la palla di vetro per capire che nel futuro a breve e medio termine assisteremo a una ripresa non agli stessi livelli del pre Covid. Ci sono state e ancora ci saranno fallimenti, chiusure, fusioni e acquisizioni dove chi è grande e solido resterà in piedi e crescerà. Chi non sarà in grado di interpretare i segnali darà la colpa al governo ladro.
Le nicchie di mercato lasciate libere saranno occupate da nuove realtà che punteranno sull’innovazione, da giovani con buone idee e un minimo di capitali da investire con intelligenza.
Chi ha reagito bene ha saputo rinnovare i modelli di business semplificando le operazioni di vendita e puntando su strategie di fidelizzazione; ha saputo indirizzare l’offerta in aree dove il potere di acquisto è stato meno colpito.
Anche prima della pandemia nell’industria della moda mondiale le scorte eccessive e i ribassi diffusi proliferavano al punto che solo il 60% dei capi veniva venduto a prezzo pieno, creando perdite in miliardi di dollari. Durante la pandemia la situazione è peggiorata. I livelli delle scorte sono aumentati in modo significativo, nonostante i tentativi dei marchi e dei rivenditori di limitare i danni. Circa il 34% delle aziende di moda quotate in borsa mostravano già segni di sofferenza prima della crisi.
Il fatturato delle scorte è sceso del 33% nei primi tre mesi del 2020 e alla fine di aprile gli ordini erano scesi di quasi un terzo rispetto all’anno precedente. In pochi sono rimasti immuni dalla proliferazione dei ribassi in tutti i segmenti di valore e in tutte le categorie di prodotto. Gap e LVMH sono tra coloro che hanno annunciato importanti svalutazioni delle scorte a causa della pandemia.
Alcune aziende hanno inventato modi creativi per eliminare le scorte indesiderate, come i siti web dedicati alla vendita delle collezioni delle passate stagioni a prezzi scontati, o attraverso outlet. Altri hanno trattenuto le scorte in eccesso nella speranza di una ripresa. Il problema delle scorte in eccesso non potrà che peggiorare in futuro se le aziende non si adatteranno alla nuova mentalità dei consumatori.
Gli atteggiamenti degli acquirenti stanno cambiando sulla scia della pandemia, poiché molti abbracciano un approccio del tipo “meno è meglio” che coincide con i cambiamenti del settore nel ciclo della moda. Circa il 65% dei consumatori, in un sondaggio McKinsey condotto durante la crisi del Covid-19, ha dichiarato di avere intenzione di acquistare più articoli duraturi e di alta qualità, e in generale hanno considerato la “novità” uno dei fattori meno importanti per gli acquisti.
La pandemia non ha solo accelerato una critica preesistente del consumismo, ma anche la crescente importanza della sostenibilità nelle decisioni di acquisto, e l’ascesa di modelli di business circolari.
Diversi marchi si stanno già organizzando per basare lo sviluppo del prodotto sulle intuizioni e sull’analisi dei consumatori e, a volte, accoppiando questi con modelli su ordinazione. “Più alta è la percentuale di business su ordinazione, minore è la sovrapproduzione in cui si è coinvolti. Questa è la prima cosa su cui il lusso deve concentrarsi: piccole tirature, idealmente una tiratura unica”, ha dichiarato Michael Burke, amministratore delegato di Louis Vuitton. In molti, tra cui Nike e Telfar, hanno fatto leva sui preordini e sui modelli di produzione just-in-time. I consumatori acquistano gli articoli prima che vengano prodotti e li ricevono diverse settimane o anche dopo mesi.
Un modo promettente per la moda di ridurre il suo impatto ambientale è la diffusione di modelli di business circolari, attraverso i quali le aziende impiegano una serie di strategie per ridurre i rifiuti e ottimizzare le risorse. Nel 2021 la circolarità, finora ai margini della moda, occupa il centro della scena. La spinta ad agire sull’ambiente è innescata dai nuovi atteggiamenti dei consumatori. Più di tre consumatori su cinque in un recente sondaggio McKinsey hanno dichiarato che l’impatto ambientale è un fattore importante nelle decisioni d’acquisto.
Nonostante gli sforzi, il 12% delle fibre viene ancora scartato in fabbrica, il 25% degli indumenti RESTA invenduto e meno dell’1% dei prodotti viene riciclato in nuovi capi di abbigliamento.
L’attrattività e l’interazione a distanza con il consumatore giocano un ruolo chiave per compensare ciò che un ecommerce ancora non può offrire: la prova del prodotto e il poterlo vedere da vicino, toccare, prima dell’acquisto, anche se la realtà virtuale e il 3D stanno facendo passi da gigante per offrire un’esperienza quasi reale. L’obiettivo di ogni e commerce ha un comune denominatore: offrire un’esperienza in grado di sostituire quella vissuta in negozio.
Gli elementi che giocano un ruolo fondamentale sono gli anelli di una catena che garantisce al cliente, che sta velocemente modificando le sue abitudini di acquisto, il passaggio fluido dall’offline all’online, da un canale all’altro, senza traumi.
In molti sono convinti che anche dopo la fine della pandemia le vendite online non diminuiranno perché già fanno parte della cultura del consumatore medio.
La pandemia è ovviamente la principale fonte di stress per il retail fisico, ma ci sono anche significative sfide a lungo termine, tra cui costi operativi talvolta punitivi.
Il solo affitto può spesso rappresentare dal 25 al 40% delle spese operative dello spazio fisico.
Quella che sembrava una convivenza impossibile tra negozio fisico ed e commerce si sta rivelando una proficua collaborazione basata sulla complementarità (vedi il nostro articolo sull’argomento), dove la sede fisica vive una riconversione per acquistare quel che si è scelto online o per ritirare il prodotto, o per restituire velocemente il reso.
Lo spazio in eccedenza viene riconvertito in magazzino, oppure in centro di distribuzione per evadere e gestire gli ordini online, preparare i pacchi per la consegna o per il ritiro degli spedizionieri esterni.
Nell’agosto 2020, il Regno Unito ha registrato i livelli più bassi di occupazione nel retail dal 2009. Negli Stati Uniti più di 2 milioni di posti di lavoro nel retail sono stati persi.
I marchi del lusso hanno tagliato le spese pubblicitarie fino all’80%. Si stima che i ricavi delle agenzie di modelle negli Stati Uniti registreranno un calo del 7,5% nel 2021.
Le misure di allontanamento sociale e l’impossibilità di viaggiare hanno accelerato il passaggio al digitale nel design, nello sviluppo del prodotto, nell’acquisto, nel sell-in e altro ancora.
Strumenti come il campionamento virtuale, le librerie di materiali digitali e il rendering 3D delle collezioni per le vendite, scarsamente utilizzati prima della pandemia, sono diventati sempre più la norma.
Costruire nel campo della moda una valida esperienza di e-commerce online non è facile.
Per questo i piccoli marchi o le startup con buone idee e non troppi capitali devono scegliere bene quali battaglie ingaggiare. Una valida alternativa è costruirsi piccole nicchie dalle quali cominciare a crescere.
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