L’ecommerce è il nuovo mondo per lo sviluppo di nuovi rapporti di relazione con una clientela di consumatori altamente alfabetizzata, tendenzialmente giovane, alto spendente. Questi rapporti, pur partendo dall’online, si propagano a tutto il Retail.
È un processo che coinvolge l’intera catena del valore: il marketing, perché la tecnologia ha eliminato la distanza del consumatore dal prodotto; i pagamenti, con le tecniche di riconoscimento biometriche e di sicurezza; la logistica, grazie alla quale il cliente che ha comprato ha il totale controllo del processo.
Un nuovo ruolo per il negozio fisico
L’ecommerce sta imponendo un cambio di significato al negozio tradizionale con vetrina e scaffali nelle vie del Centro. Il negozio “in carne e ossa” non è più l’unico accesso fisico al prodotto, perciò comincia a assumere diverse funzioni, di tipo relazionale, demandando la fase transazionale all’e commerce.
I punti vendita, se le cose continueranno ad andare come stanno andando, diventeranno “touch point esperienziali” e “showroom”. Si integreranno nella strategia omnicanale del brand, accanto ai social e all’e commerce.
Nella sua inarrestabile evoluzione, sono molti i temi sensibili in discussione per una sua crescita regolare e corretta.
Nuovi obblighi normativi, sia sulla trasparenza sia sulla sicurezza, come la GDPR o l’entrata in vigore della PSD2 e la cosiddetta Autenticazione Forte del Cliente, per autorizzare le transazioni finanziarie online; ma anche finanziari e fiscali (Web Tax).
Sono coinvolti anche i temi della sostenibilità, sia economica sia ambientale (più di un terzo dei giovani preferisce un packaging ecosostenibile per ricevere i propri acquisti), e del contrasto ai monopoli e alle posizioni dominanti di alcuni soggetti, vedi Amazon e Alibaba.
L’e commerce non attiene più soltanto a chi fa il commerciante perché la sensibilità e l’attenzione sulla sua evoluzione hanno travalicato il recinto degli addetti ai lavori e interessano tutta la popolazione, o almeno quella parte di essa che sa di cosa si sta parlando.
I motivi del ritardo nel mercato italiano
Nel mondo più di 2 miliardi di persone fanno acquisti online. L’Italia è in ritardo, con un danno grave e evidente soprattutto per l’export. Le ragioni? Più o meno tutti ne identificano principalmente tre.
Primo, basso livello di cultura e di competenza digitale. In Europa siamo al venticinquesimo posto su ventotto. Lo dice il DESI, l’indicatore della Commissione Europea che misura il livello di attuazione dell’Agenda Digitale di tutti gli Stati membri.
Secondo, la scarsa offerta dei grandi player italiani. Nonostante i passi avanti, sono ancora arretrati rispetto quanto meno alla media dei grandi paesi industrializzati.
Terzo motivo, i pagamenti: buona parte della popolazione italiana ama troppo il contante per passare alla carta di credito. E il contante ancora non si trasferisce via Web con con un sito di e commerce.
Questi tre motivi sono quelli considerati principali, ma ce ne sono altri che sono legati alle caratteristiche del mercato italiano e dei produttori che avrebbero più possibilità di successo aprendo una vetrina sul mondo.
Cosa spinge il consumatore italiano a comprare online
Nonostante ciò l’e commerce in Italia è in crescita costante. I motivi che spingono il consumatore ad acquistare online sono il prezzo dei prodotti, generalmente più basso online; sono le promozioni, facilitate dalla possibilità di targettizzare la clientela e di instaurare con il consumatore un rapporto duraturo, che va oltre l’azione dell’acquisto e che lo trasforma in un ambasciatore del brand.
Sono la vasta gamma di prodotti tra cui scegliere; sono la pluralità dei metodi di pagamento; sono la flessibilità del processo logistico.
Ed è, ultimo ma importantissimo fattore, il sentimento di sicurezza generato dal sito web dove il cliente acquista. Un cliente che non ha avuto problemi con la procedura di un “reso” diventa un cliente acquisito e giudicherà il sito web di e commerce come un negozio degno di fiducia.
Più della metà dei ragazzi tra i 16 e i 24 anni hanno detto di apprezzare la scelta del venditore di includere nel pacco spedito anche materiale per effettuare il reso.
Ecommerce cosa fare?
Le aziende hanno un’occasione ghiotta davvero, ma non se ne sono accorte. Sia in termini di investimento strutturale sia in termini di pubblicità e promozione.
Per una piccola impresa, cominciare a muovere i primi passi vendendo in tutto il mondo ha un costo iniziale di qualche migliaio di euro. Davvero è troppo, oppure è ancora una questione di percezione? Percezione che non serve… percezione che siano soldi buttati. Chi ragiona così non deve nemmeno essere convinto. Sarà presto ricordato nel suo epitaffio.
E che dire di pubblicità e promozione? Quanti piccoli imprenditori ci ricordiamo in lacrime perché non potevano permettersi nemmeno una pagina pubblicitaria sui quotidiani o il passaggio di uno spot in radio (lasciamo stare la Tv, terreno esclusivo dei grandi player)?
Chi poteva permetterselo non poteva nemmeno sapere quante persone avrebbero davvero visto l’inserzione con il loro prodotto, non avrebbe potuto sapere chi fossero, quanti fossero e cosa pensassero le persone che avevano visto l’annuncio, o se avessero deciso di acquistare.
Ogni calcolo sull’efficacia di un annuncio era impossibile.
Oggi il marketing e lo sfruttamento dei canali social consentono di parlare solo con i clienti che hai scelto di contattare.
I nuovi strumenti permettono di targettizzare l’offerta “A” per un pubblico e l’offerta “B” per un altro. Permettono di condurre analisi predittive, per capire, attraverso la relazione con il cliente, cosa vorrà comprare in futuro.
Permettono di sapere da dove arriva il traffico sul sito, quali percorsi l’utente compie tra le pagine, quali sono i prodotti più visitati. Una serie di informazioni importantissime per capire cosa funziona e cosa va modificato nell’offerta. Tutto a costi contenuti.
Per dirla nella maniera più breve possibile, le aziende devono sviluppare una strategia di marketing capace di sfruttare tutti i canali, digitali e fisici. Le strategie vincenti non usano mezzi singoli (solo il sito, solo Facebook), ma prevedono un piano di marketing integrato, al passo con la tecnologia, con le nuove applicazioni che permettono alle imprese di coordinare, analizzare, decidere. Sono cose che vanno fatte all’interno dell’azienda. È una scelta culturale, oltre che economica.